La Gelosia: una Strategia Evoluzionistica della Natura

Cosa c’è alla base della gelosia? Quello che tutti risponderebbero è, ovviamente, il timore di essere traditi, di perdere il partner, la persona con la quale si è costruito un rapporto di amore, si sono fatti progetti, intrapreso un cammino insieme. È aberrante pensare che, da un momento all’altro, l’oggetto del nostro desiderio, possa dirottare il proprio affetto, la propria passione e la propria progettualità verso un’altra persona.

Ma la gelosia ha radici ben più profonde di questa, che affondano nel terreno del nostro patrimonio genetico. Essa è infatti un riflesso primordiale che proviene dal nostro istinto, ed è una risposta inconscia dovuta a una lunghissima selezione naturale. Ai tempi dell’umanità primigenia, i maschi che non tutelavano l’integrità della propria femmina, non salvaguardavano la continuità del proprio patrimonio genetico, poiché questa poteva essere fecondata da altri. Analogamente, le femmine che tolleravano che il loro partner gironzolasse alla ricerca di altre concubine, rischiavano di ritrovarsi sole e incapaci di accudire la propria prole. Insomma, coloro che manifestavano reazioni gelose, avevano maggiori probabilità di riprodursi e moltiplicarsi, trasmettendo questo loro istinto vincente alla discendenza.

Se si osserva il mondo animale, si nota infatti che la “gelosia” è più diffusa di quanto non si potrebbe pensare. Un esempio irrefutabile è quello del maschio del passeriforme americano Sialia Sialis che, se sorprende un estraneo all’interno del suo nido, non si limita a scacciarlo a colpi ben assestati di becco e di ali, ma riserva lo stesso trattamento anche alla compagna, rompendo definitivamente la loro unione. I leoni marini sono così dediti alla difesa del proprio harem, da dimenticarsi per tutta la stagione degli amori di mangiare e bere. Per non parlare poi della femmina del Calidris Melanotos che ingaggia vere e proprie battaglie senza esclusione di colpi, a difesa del proprio nido (e del proprio maschio) all’avvicinarsi di una potenziale rivale. Insomma, il tema della esclusività sessuale è tutt’altro che proprio della specie umana.

Ovviamente, l’uomo e la cultura hanno trasformato questa primitiva inclinazione territoriale in un sentimento molto più strutturato e complesso, ricco di varianti e sfumature, che per l’appunto va sotto il nome di gelosia. Un impulso fondamentale nel processo evolutivo, come constatato magistralmente nel saggio The Dangerous Passion del prof. David M. Buss, della Texas University. Attenzione però alle dosi. Se un po’ di gelosia fa bene e a volte è utile anche per risvegliare le attenzioni del partner, esagerando si rischia di ottenere l’effetto opposto. La gelosia può infatti diventare distruttiva in molte situazioni, soprattutto nelle persone con una bassa autostima, che spesso provano sentimenti di inadeguatezza, impotenza e mancanza di sicurezza. Questi soggetti infatti hanno la tendenza a vivere continuamente in stato di allarme, sempre col timore di essere abbandonati dal partner. E così lo interrogano in continuazione, diventano soffocanti e ossessivi, vigilano ansiosamente, controllano tasche scontrini e telefonate, finendo per rovinare la storia d’amore. In casi estremi si innescano vere e proprie patologie che devono addirittura essere curate con farmaci che rialzano il livello di serotonina nel cervello, quel neurotrasmettitore particolarmente assente nei pazienti affetti da disturbi ossessivo compulsivi.

Come è emerso da un saggio del prof. Virgil L. Sheets della Indiana State University, un alto tasso di gelosia provoca all’interno della coppia frequenti litigi che alla lunga finiscono col deteriorare i rapporti e la stabilità dell’unione affettiva. Meglio allora vivere più serenamente e non avvelenare la vita coniugale con sospetti preventivi e spesso infondati. Della serie, vigilare sì, ma cum grano salis. Ricordandoci sempre che il pilastro fondamentale su cui poggia una relazione tra due persone, è la fiducia.[/cleeng_content]

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